
DURF: cos’è, quando serve e come richiederlo
Uno dei documenti più importanti nell’ambito dei contratti pubblici è il Documento Unico di Regolarità Fiscale, meglio conosciuto come DURF, un certificato che attesta la regolarità delle imprese in merito al versamento delle ritenute fiscali sui redditi da lavoro dipendente e assimilati. In altre parole, il DURF rappresenta una garanzia per la Pubblica Amministrazione e per i committenti privati sull’affidabilità fiscale delle aziende coinvolte in appalti e subappalti.
Spesso l’acronimo viene confuso con il DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva), che invece riguarda la regolarità nei versamenti previdenziali e assistenziali. Sebbene entrambi siano requisiti fondamentali per operare nel settore delle grandi opere e dei lavori pubblici, è bene ricordare che vengono rilasciati da enti diversi e hanno finalità specifiche distinte.
Il DURF, introdotto nel nostro ordinamento già alla fine degli anni ’90, ha visto un’evoluzione normativa significativa, adattandosi alle esigenze di maggiore trasparenza e legalità negli appalti. Oggi rappresenta un tassello imprescindibile anche per l’ottenimento della Patente a Punti Edilizia, di cui abbiamo parlato in un precedente articolo.
Nei prossimi paragrafi analizzeremo più nel dettaglio cos’è il DURF, chi è obbligato a richiederlo e con quali modalità, offrendo una guida pratica per committenti, appaltatori e subappaltatori.
DURF: di cosa si tratta e differenza con il DURC
Il Documento Unico di Regolarità Fiscale (DURF) trova la sua origine normativa nel D.Lgs. 241/1997, articolo 17-bis, introdotto per contrastare fenomeni di evasione e irregolarità fiscali nei rapporti di appalto e subappalto. Successivamente, il DL n. 124/2019 ha rafforzato l’impianto normativo, estendendo gli obblighi di verifica fiscale e prevedendo nuove modalità per la gestione delle ritenute fiscali nei contratti di appalto.
Più nello specifico, il DURF è un certificato rilasciato dall’Agenzia delle Entrate che attesta la regolarità dei versamenti delle ritenute sui redditi da lavoro dipendente e assimilati da parte dell’impresa appaltatrice o subappaltatrice. L’obbligo di richiederlo scatta quando un committente affida lavori, servizi o forniture di importo superiore a 200.000 euro annui, utilizzando prevalentemente manodopera presso le proprie sedi e con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà del committente.
Spesso il DURF viene confuso con il DURC, ma le differenze sono sostanziali. In prima istanza, il DURC certifica la regolarità nei versamenti contributivi e assicurativi (INPS, INAIL, Casse edili), è richiesto per partecipare a gare d’appalto e viene rilasciato dagli enti previdenziali. Di contro, il DURF riguarda esclusivamente le ritenute fiscali e, come già detto, è emesso da un ente pubblico diverso.
Escluse le differenze, entrambi i certificati sono indispensabili per operare correttamente nel settore degli appalti pubblici e per richiedere la Patente a Punti Edilizia, pur rispondendo a obblighi distinti e coinvolgendo autorità diverse.
Quali sono i requisiti da rispettare per il rilascio del DURF
Per richiedere il DURF, le imprese devono rispettare specifici requisiti stabiliti dalla normativa fiscale vigente. I criteri stringenti sono volti a garantire che l’azienda richiedente operi nel pieno rispetto degli obblighi tributari e rappresenti un soggetto fiscalmente affidabile per il committente.
Detto ciò, analizzando le recenti normative di cui sopra, i principali requisiti per il rilascio del DURF sono:
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Che l’impresa sia attiva da almeno tre anni alla data della richiesta;
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Essere in regola con gli obblighi dichiarativi, ossia aver presentato tutte le dichiarazioni fiscali previste dalla normativa (IVA, redditi, 770, ecc.);
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Aver effettuato versamenti regolari, per un importo pari almeno al 10% dei ricavi o compensi dichiarati negli ultimi tre periodi d’imposta;
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Non avere iscrizioni a ruolo o debiti esecutivi relativi a imposte sui redditi, IRAP, ritenute e contributi previdenziali per un ammontare superiore a 50.000 euro, se scaduti e ancora da pagare. Fanno eccezione i casi in cui le somme siano oggetto di piani di rateizzazione non decaduti e che siano presenti provvedimenti di sospensione o contenziosi in corso.
Se anche uno solo di questi requisiti non è rispettato, l’Agenzia non rilascia il DURF, che quindi risulterà “negativo”.
Un chiarimento importante riguarda le operazioni non imponibili ai fini IVA, spesso oggetto di dubbi. Con la risposta n. 123/2025, l’Agenzia delle Entrate ha confermato che anche chi effettua esclusivamente operazioni non imponibili IVA (ad esempio esportatori abituali o chi opera con l’estero) può ottenere un DURF positivo, purché rispetti tutti gli altri requisiti. L’impossibilità di calcolare l’IVA versata non è di per sé causa di rigetto del certificato.
Richiesta DURF: ecco come presentarla
Per ottenere il DURF, l’impresa deve presentare un’apposita istanza all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente per domicilio fiscale. La richiesta può essere inviata personalmente oppure tramite un delegato, che chiaramente dovrà essere munito di una delega formale da consegnare insieme alla documentazione.
Il modello di richiesta, scaricabile in formato PDF sul sito dell’ente, deve essere debitamente compilato, firmato e trasmesso in uno dei seguenti modi:
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Online, tramite il servizio “Consegna documenti e istanze” presente nell’area riservata del sito dell’Agenzia delle Entrate. Se a presentare la domanda è un delegato, il modello deve essere firmato digitalmente dal delegante oppure, se firmato a mano, accompagnato dalla copia del documento d’identità del firmatario. L’invio avviene tramite la funzione “Upload Documenti”, selezionando come destinatario la Direzione Provinciale di competenza.
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Di persona, consegnando il modulo direttamente all’Ufficio territoriale competente, che rilascia ricevuta.
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Per raccomandata A/R, allegando la fotocopia del documento d’identità del firmatario.
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Via PEC (Posta Elettronica Certificata), specificando nell’oggetto “Richiesta Certificato di sussistenza dei requisiti per imprese appaltatrici”. Anche in questo caso, se la firma è autografa, va allegata la copia del documento d’identità; se digitale, non è necessario. L’indirizzo PEC corretto della Direzione Provinciale può essere trovato sull’elenco pubblicato dall’Agenzia delle Entrate.
Attenzione: per i grandi contribuenti, la richiesta deve essere inviata esclusivamente alla Direzione Regionale competente. Inoltre, il certificato è disponibile dal terzo giorno lavorativo di ogni mese e ha una validità di 4 mesi.
DURF negativo o non presente: ecco cosa fare
La mancata richiesta del DURF o l’ottenimento di un DURF negativo comportano conseguenze rilevanti per il committente. In questi casi, quest’ultimo è tenuto a sospendere il pagamento dei corrispettivi maturati dall’impresa appaltatrice o affidataria, fino ad un massimo del 20% del valore complessivo dell’opera o per un importo pari alle ritenute non versate.
In aggiunta, entro 90 giorni dall’accertamento dell’inadempienza, il committente deve informare l’ufficio territorialmente competente dell’Agenzia delle Entrate. L’omessa comunicazione o il mancato rispetto di questi obblighi possono comportare responsabilità solidale del committente per le somme dovute.
Precisiamo che la sospensione dei pagamenti si applica nei seguenti casi:
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Mancata trasmissione delle deleghe di pagamento o delle informazioni sui lavoratori impiegati;
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Omesso o insufficiente versamento delle ritenute rispetto ai dati forniti;
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Omessa comunicazione al committente, tramite DURF, del possesso dei requisiti di regolarità fiscale.
Esistono tuttavia delle eccezioni; per esempio, le imprese in stato di dissesto economico-finanziario, sottoposte a procedure concorsuali, possono riscuotere i crediti originati da contratti di appalto o subappalto anche in assenza di un DURF regolare.
Infine, la normativa e la prassi dell’Agenzia delle Entrate prevedono la possibilità di chiedere il riesame di un DURF negativo in presenza di determinate circostanze, come operazioni soggette a reverse charge o split payment, oppure l’imputazione per trasparenza dei redditi ai soci.
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