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Fasi di un progetto: ciclo di vita e caratteristiche

Fasi di un progetto: ciclo di vita e caratteristiche

Nel settore delle costruzioni, il termine “progetto” ha un significato molto ampio e complesso, che comprende non soltanto un’idea o un disegno su carta, ma coinvolge anche un insieme di attività coordinate che trasformano un concetto in una realtà tangibile. 

Un progetto infrastrutturale, o anche contratto pubblico, coinvolge una molteplicità di attori, come committenti, ingegneri, architetti, imprese appaltatrici, enti pubblici, richiedendo un’organizzazione precisa per gestire risorse, tempi, costi e qualità. Si tratta di un percorso articolato che inizia con la pianificazione e termina con la consegna dell’opera finita, passando per analisi, progettazione, approvazioni normative e fasi operative sul cantiere.

La gestione efficace dell’intero ciclo di vita dell’opera è indispensabile per garantire la sostenibilità economica, ambientale e sociale di un’infrastruttura. Errori o ritardi possono tradursi in costi imprevisti, contenziosi legali e impatti negativi sulle comunità coinvolte. Comprendere le fasi di un progetto infrastrutturale permette alle aziende del settore di affrontare con maggiore consapevolezza le sfide operative, di anticipare criticità e di rispondere in modo più rapido ed efficace alle esigenze del mercato e delle stazioni appaltanti.

Prima di comprendere in dettaglio quante e quali sono le fasi progettuali, facciamo presente che per approfondire la materia dei contratti pubblici, comprese le disposizioni normative e successive varianti, è in partenza il Master Executive Appalti e Contratti Pubblici, fruibile sia in videoconferenza live, che in videoregistrazione.

Le 5 fasi di un progetto infrastrutturale

Il nuovo Codice Appalti (D.Lgs. 36/2023) definisce con chiarezza le cinque fasi che scandiscono la progettazione di un’opera pubblica o infrastrutturale. Si tratta di un percorso metodico, pensato per assicurare qualità, sicurezza e sostenibilità agli interventi, che si può riassumere come segue:

1. Fattibilità tecnica ed economica (livello di fattibilità): è la fase in cui si valuta se l’opera è realizzabile sotto il profilo tecnico, normativo, ambientale ed economico. Qui vengono analizzati vincoli urbanistici, costi di massima e impatti sul territorio, con studi preliminari che orientano le decisioni strategiche.

2. Progetto di fattibilità tecnica ed economica (PFTE): rappresenta l’evoluzione del livello precedente. Il PFTE approfondisce aspetti architettonici, strutturali, impiantistici e ambientali, fornendo una stima più dettagliata dei costi e individuando le soluzioni progettuali più adatte.

3. Progetto definitivo: si definiscono in modo puntuale tutte le caratteristiche dell’opera. Si redigono elaborati grafici, relazioni specialistiche e calcoli strutturali, pronti per l’ottenimento di autorizzazioni e pareri da enti competenti.

4. Progetto esecutivo: è la traduzione concreta del progetto definitivo in indicazioni operative per l’impresa esecutrice. Include dettagli costruttivi, computi metrici estimativi e piani di sicurezza.

5. Validazione del progetto: fase cruciale che prevede il controllo tecnico-amministrativo per garantire la conformità normativa e la qualità complessiva del progetto prima dell’affidamento dei lavori. In questo frangente sono previsti anche collaudi finali necessari a garantire la sicurezza e l’affidabilità dell’opera.

Attenzione: le procedure di gara per l’affidamento dei lavori non rientrano nelle fasi di progettazione, ma rappresentano una fase successiva e distinta nel ciclo di un progetto infrastrutturale, che collega la progettazione stessa all’esecuzione.

La sequenza di cui sopra, oltre a rispondere agli obblighi di legge, consente di minimizzare rischi, varianti in corso d’opera e costi aggiuntivi. Ma poiché si tratta di un ecosistema complesso, che prevede anche delle sottofasi per ciascun punto, la legge ha recentemente introdotto l’obbligo dell’utilizzo di strumenti digitali all’avanguardia, dove possano convergere tutte le informazioni dell’opera e prevedere eventuali errori.

Strumenti per la gestione della progettazione

La digitalizzazione nel settore delle costruzioni rappresenta oggi un passo imprescindibile per la gestione delle fasi progettuali, soprattutto alla luce delle novità introdotte dal nuovo Codice Appalti compreso di Decreto Correttivo (D.Lgs. 36/2023). A partire da gennaio 2025, infatti, l’uso di strumenti digitali come il BIM (Building Information Modeling) e gli ambienti di gestione dei dati (CDE – Common Data Environment) è diventato obbligatorio per tutte le stazioni appaltanti.

Più nel dettaglio, il BIM consente di creare un modello tridimensionale integrato dell’opera, una sorta di proiezione digitale che permette di simulare collaudi, individuare interferenze tra sistemi e prevenire errori progettuali. Questo approccio si traduce in un notevole vantaggio economico: la possibilità di intercettare criticità in fase di progettazione riduce le varianti in corso d’opera e i conseguenti extracosti.

Gli ambienti digitali di gestione dati, invece, garantiscono la sicurezza e la tracciabilità delle informazioni sensibili condivise tra i diversi attori coinvolti: progettisti, imprese, enti pubblici e cittadini. La collaborazione diventa così più fluida ed efficace, con un flusso informativo costante e aggiornato in tempo reale.

È importante puntualizzare che la digitalizzazione, oltre ad essere estremamente comoda e utile, porta con sé anche benefici trasversali: velocizza l’intero ciclo di vita del progetto, migliora la comunicazione tra le parti coinvolte, aumenta la trasparenza degli interventi previsti e consente un controllo più accurato dei tempi e dei costi. 

Chi dirige le fasi di un progetto: il RUP

Fino ad ora abbiamo trattato la parte più tecnica delle fasi di un progetto, ma chi si occupa di verificare che vengano correttamente seguite dai professionisti? La risposta, ancora una volta, ci viene fornita dal Codice Appalti, che all’articolo 15 e all’Allegato I.2 stabilisce requisiti, responsabilità e competenze del Responsabile Unico del Progetto (RUP)

Nominato dalle stazioni appaltanti o dagli enti concedenti tra i propri dipendenti (anche a tempo determinato), il RUP dirige le fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione di ciascun intervento. Qualora nell’organico manchi personale qualificato, è possibile individuare il RUP tra dipendenti di altre amministrazioni pubbliche, ma per soggetti privati che operano come stazioni appaltanti, la nomina segue i rispettivi ordinamenti.

La sua presenza è così importante, che l’incarico è obbligatorio e non può essere rifiutato, ma in assenza di nomina, la funzione è assunta dal responsabile dell’unità organizzativa competente. 

Ad ogni modo, il RUP ha compiti vasti e strategici: dall’elaborazione di dati per il programma triennale dei lavori pubblici all’accertamento della disponibilità delle aree, dalla promozione di conferenze di servizi all’attività di verifica dei progetti sotto il milione di euro. Coordina le procedure di gara, propone le tipologie di affidamento e può avvalersi di una struttura di supporto, finanziata fino all’1% dell’importo a base di gara.

Per ricoprire il ruolo, è necessario essere tecnici abilitati o in possesso di specifica esperienza e formazione, per esempio seguendo il Corso Il RUP negli Appalti Pubblici di Dirextra Alta Formazione, progettato per fornire una preparazione di eccellenza e aggiornata ai più recenti cambiamenti normativi, sotto la guida dell’avv. Mariano Maggi, specializzato in contrattualistica pubblica da oltre vent’anni.

Approfondimenti:

 

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